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Immagine del redattoreEmilio Mordini

DA DOVE VENIAMO? CHI SIAMO? DOVE ANDIAMO?

Aggiornamento: 15 nov 2023


𝗗𝗮 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝘃𝗲𝗻𝗶𝗮𝗺𝗼? 𝗖𝗵𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼? 𝗗𝗼𝘃𝗲 𝗮𝗻𝗱𝗶𝗮𝗺𝗼? (𝙒𝙤𝙝𝙚𝙧 𝙠𝙤𝙢𝙢𝙚𝙣 𝙬𝙞𝙧 𝙒𝙚𝙧 𝙨𝙞𝙣𝙙 𝙬𝙞𝙧 𝙒𝙤𝙝𝙞𝙣 𝙜𝙚𝙝𝙚𝙣 𝙬𝙞𝙧) 𝗲̀ 𝗶𝗹 𝘁𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗱𝗶𝗽𝗶𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗣𝗮𝘂𝗹 𝗚𝗮𝘂𝗴𝘂𝗶𝗻, 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗼𝗰𝗼 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝘁𝗲𝗻𝘁𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗶 𝘀𝘂𝗶𝗰𝗶𝗱𝗶𝗼, 𝗻𝗲𝗹 𝟭𝟴𝟵𝟳. Si tratta di domande quanto mai lecite oggi, dopo due anni e mezzo di pandemia, gravi restrizioni dei diritti fondamentali, una guerra in corso, una crisi economica incombente, uno svuotamento progressivo dei sistemi politici “democratici”.

𝗦𝗮𝗿𝗮̀ 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝘀𝗲 𝘂𝗻 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗹𝘂𝗻𝗴𝗼 𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗳𝗮𝗰𝗶𝗹𝗲: prometto sin d’ora un calice di Ribolla Gialla o Refosco (a seconda delle preferenze) a chi, nonostante caldo e vacanze, deciderà lo stesso di provare a leggerlo.


𝗜𝗗𝗘𝗡𝗧𝗜𝗧𝗔’ 𝗗𝗜 𝗚𝗘𝗡𝗘𝗥𝗘 𝗘 𝗣𝗘𝗥𝗦𝗢𝗡𝗔𝗟𝗘 𝗣𝗿𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿𝗼̀ 𝗹𝗲 𝗺𝗼𝘀𝘀𝗲 𝗿𝗶𝗮𝘀𝘀𝘂𝗺𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗮𝗹𝗰𝘂𝗻𝗶 𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗵𝗼 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗲 𝘁𝗲𝗼𝗿𝗶𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗴𝗲𝗻𝗱𝗲𝗿 𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝗱𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗿𝗶𝗼 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲. 𝗟𝗮 𝗿𝗮𝗴𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗶 𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗶𝗿𝗮̀ 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗱𝗮 𝗳𝗮𝗰𝗲𝗻𝗱𝗼. Funzione essenziale di tutta la materia vivente è riprodursi. Ci sono molte forme di riproduzione: gli esseri umani sono bisessuali stabili: la riproduzione si realizza attraverso la fusione di due tipi di cellule, dette gameti. Ogni individuo – maschio o femmina - è portatore per tutta la vita di un solo tipo di gamete. Non esistono altri generi o forme intermedie. Androgeni ed ermafroditi sono fantasie mitologiche, oppure un modo per indicare rare malformazioni che riguardano individui che restano, comunque, geneticamente femmine o maschi.

𝗟’𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 𝗲̀ 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗼𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’“𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲”; 𝗰𝗼𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗲 𝗰𝗶 𝘀𝗶 𝗿𝗶𝗳𝗲𝗿𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗮𝗹 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮 𝗿𝗶𝗺𝗮𝗻𝗲𝗿𝗲 𝘀𝗲́ 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮, pur attraverso i cambiamenti fisici, psichici, esistenziali cui va incontro nell’arco della propria esistenza. L’identità personale si fonda su caratteristiche che devono essere stabili a sufficienza per assicurare una qualche continuità dalla nascita alla morte. Ce ne sono almeno tre: specie, genere e cultura. Noi tutti apparteniamo alla specie umana; siamo geneticamente maschi o femmine; siamo nati in una data cultura ed epoca.


𝗨𝗡𝗜𝗖𝗜𝗧𝗔’ 𝗨𝗠𝗔𝗡𝗔 𝗖𝗶𝗮𝘀𝗰𝘂𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶 𝗵𝗮 𝗽𝗼𝗶 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗮 𝘂𝗻𝗶𝗰𝗶𝘁𝗮̀, 𝗰𝗵𝗲 𝗼𝗿𝗶𝗴𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘀𝗶𝗲𝗺𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗯𝗶𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗲 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗼 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗼 𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗮𝗻𝗼 𝗮 𝗽𝗹𝗮𝘀𝗺𝗮𝗿𝗹𝗼. L’essere vivente è, nella sua struttura più profonda, relazionale. Immaginate un grafo a forma di sfera: ciascuno di noi è il nodo (o vertice) di un numero di archi (collegamenti) tra altri nodi del grafo. Il nodo esiste? Certo. Esisterebbe però se non ci fossero gli archi? No. Archi e vertici - individui e relazioni - sono termini per indicare la stessa realtà: non sono pensabili indipendentemente gli uni dagli altri. Ogni individuo emerge come nodo da un numero pressoché infinito di relazioni tra altri nodi del grafo, i quali sono, a loro volta, punto di incontro di altre relazioni tra altri nodi, e così via, indietro nel passato e avanti del futuro.

𝗜𝗻 𝗱𝗲𝗳𝗶𝗻𝗶𝘁𝗶𝘃𝗮, 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗼 𝗲̀ 𝗽𝗿𝗲𝘇𝗶𝗼𝘀𝗼, 𝘂𝗻𝗶𝗰𝗼, 𝗶𝗿𝗿𝗶𝗽𝗲𝘁𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗲𝗴𝗴𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗮𝗱𝗶𝗰𝗮𝗹𝗲 𝘀𝗶𝗻𝗴𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶𝘁𝗮̀, 𝗮𝗹 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝗿𝗶𝗼 perché ricapitola in sé, ciascuno dalla propria particolarissima prospettiva, l’intera umanità. Ognuno di noi è – per citare Pascal – il centro di una sfera il cui raggio è infinito e la circonferenza da nessuna parte.


𝗥𝗘𝗔𝗟𝗧𝗔’ 𝗢𝗴𝗻𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗼 – 𝗾𝘂𝗶𝗻𝗱𝗶 - 𝗵𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁𝗮̀ 𝘀𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗲: 𝗯𝗶𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮 (𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗲 𝗲 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲) 𝗲 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲 (𝗲𝗽𝗼𝗰𝗮 𝗲 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗲𝘁𝗮̀). Su questa roccia, scorre un fiume di sensazioni, memorie, fantasie, emozioni, identificazioni. La nostra mente è un palcoscenico dove noi recitiamo tutti i ruoli, non solo quando sogniamo, ma anche, sottotraccia, durante la veglia.

𝗤𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗶𝗻𝘂𝗼 𝗳𝗹𝘂𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶𝗲𝗿𝗶 𝗲 𝗱𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗿𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲 𝘂𝗻 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼𝗰𝗵𝗲́ 𝗶𝗻𝗳𝗶𝗻𝗶𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶: 𝗰𝗶 𝘀𝗶 𝗽𝘂𝗼̀ 𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗲 𝗱𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮 (𝘀𝗶 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗶 𝗮𝗴𝗹𝗶 𝘀𝗰𝗶𝗮𝗺𝗮𝗻𝗶); con il genere opposto al proprio (tutte le forme di transessualismo); con un individuo di un’altra epoca e cultura (come nel caso di alcuni deliri). Si potrà pensare a sé come un uomo che sogna di essere una farfalla che a sua volta sogna di essere un uomo; un maschio che si sente una femmina che immagina di essere maschio; un greco che pensa di essere un barbaro che crede di essere greco. Siamo specchi che si specchiano in altri specchi, in un gioco senza fine che André Gide chiamò 𝘮𝘪𝘴𝘦-𝘦𝘯-𝘢𝘣𝘺𝘮𝘦, “messa in abisso”.

𝗧𝘂𝘁𝘁𝗮𝘃𝗶𝗮, 𝗰𝗶𝗮𝘀𝗰𝘂𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗶 𝘀𝗶 𝗽𝘂𝗼̀ 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝗺𝗶𝗹𝗹𝗲 𝗺𝗼𝗱𝗶 𝘀𝗼𝗹𝗼 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲́ 𝗽𝗼𝗴𝗴𝗶𝗮 𝘀𝘂 𝘂𝗻𝗮 𝘀𝗼𝗹𝗶𝗱𝗮 𝗯𝗮𝘀𝗲, 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗱𝗲𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗶𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗹𝗮𝗯𝗶𝗿𝗶𝗻𝘁𝗼. Guai allo sciamano che resta lupo per sempre; alla drag queen che scorda di essere stata maschio; al barbaro che si illude di essere nato ad Atene. Sono destinati a finire come Moammed Sceab “𝘋𝘪𝘴𝘤𝘦𝘯𝘥𝘦𝘯𝘵𝘦/ 𝘥𝘪 𝘦𝘮𝘪𝘳𝘪 𝘥𝘪 𝘯𝘰𝘮𝘢𝘥𝘪/ 𝘴𝘶𝘪𝘤𝘪𝘥𝘢/ 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘯𝘰𝘯 𝘢𝘷𝘦𝘷𝘢 𝘱𝘪𝘶̀/ 𝘗𝘢𝘵𝘳𝘪𝘢/ 𝘈𝘮𝘰̀ 𝘭𝘢 𝘍𝘳𝘢𝘯𝘤𝘪𝘢/ 𝘦 𝘮𝘶𝘵𝘰̀ 𝘯𝘰𝘮𝘦 / 𝘍𝘶 𝘔𝘢𝘳𝘤𝘦𝘭/ 𝘮𝘢 𝘯𝘰𝘯 𝘦𝘳𝘢 𝘍𝘳𝘢𝘯𝘤𝘦𝘴𝘦” (Giuseppe Ungaretti, 𝘐𝘯 𝘮𝘦𝘮𝘰𝘳𝘪𝘢, 1916).


𝗣𝗨𝗟𝗦𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗦𝗘𝗦𝗦𝗨𝗔𝗟𝗘 𝗟𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗯𝗶𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲, 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗺𝗮𝗺𝗺𝗶𝗳𝗲𝗿𝗶 𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗶 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶, 𝘀𝗽𝗶𝗲𝗴𝗮 𝗹𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘁𝗿𝗮 𝗺𝗮𝘀𝗰𝗵𝗶 𝗲 𝗳𝗲𝗺𝗺𝗶𝗻𝗲; 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗶𝗯𝘂𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗮 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗹’𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝗮𝘀𝗰𝘂𝗻𝗼; a sua volta, l’identità personale si fonda su elementi stabili e su un flusso continuo e mutevole di sensazioni, memorie, fantasie che la rendono unica. Ma su cosa si fonda la riproduzione?

𝗚𝗹𝗶 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗶 𝘂𝗺𝗮𝗻𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗽𝗶𝗻𝘁𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗮 𝘂𝗻 𝗱𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼 “𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲”. 𝗦𝗶𝗴𝗺𝘂𝗻𝗱 𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱 𝗰𝗵𝗶𝗮𝗺𝗼̀ 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗿𝗶𝗼 “𝗽𝘂𝗹𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲” (𝙩𝙧𝙞𝙚𝙗). La pulsione è un “dirigersi verso” un oggetto (un'altra persona, una fantasia, persino sé stessi), con lo scopo di raggiungere un soddisfacimento e calmare una tensione interna, che può originare da varie parti del corpo.

𝗟𝗮 𝗽𝘂𝗹𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗵𝗮 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝗼𝗯𝗯𝗹𝗶𝗴𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 (𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗲 𝗲̀ 𝗹𝗮 𝘀𝗽𝗶𝗻𝘁𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝘂𝗼𝘃𝗲). 𝗜𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗲 𝗲 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗴𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗹𝗹𝗲𝗴𝗮𝘁𝗲 𝗺𝗮 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶. Maschi e femmine hanno modi diversi - in parte radicati nella biologia, in parte in norme sociali - di percepire e soddisfare il desiderio sessuale. Ogni società, epoca e cultura ha regole esplicite e implicite che riguardano l’esercizio della sessualità. Alcune società hanno norme più rigorose, altre meno, ma non è mai esistita una comunità umana che non regolamentasse la vita sessuale.


𝗘𝗥𝗢𝗦 𝗘 𝗔𝗠𝗢𝗥𝗘 𝗟𝗮 𝗽𝘂𝗹𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮 𝗹𝗮 𝗳𝘂𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮, 𝗺𝗮 𝘃𝗮 𝗯𝗲𝗻 𝗮𝗹 𝗱𝗶 𝗹𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲 𝗰𝗼𝗶𝗻𝘃𝗼𝗹𝗴𝗲 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗮𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮. 𝗖𝗶 𝗱𝗲𝘃𝗲 𝗾𝘂𝗶𝗻𝗱𝗶 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶𝗼 𝘀𝘂𝗽𝗲𝗿𝗶𝗼𝗿𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝗽𝗶𝗲𝗴𝗵𝗶. Noi chiamiamo questo principio “amore”, gli antichi greci lo chiamavano “eros” (due parole che hanno esattamente lo stesso significato).

𝗘𝗿𝗼𝘀, 𝗼 𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲, 𝗲̀ 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗽𝗶𝗻𝗴𝗲 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗶𝗼̀ 𝗰𝗵𝗲 𝗲𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲 𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗻𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝘀𝗶, 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗶𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗴𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗮 𝗰𝘂𝗶 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗴𝗹𝗶 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗶, 𝗳𝗼𝗿𝘀𝗲 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼, 𝗲𝗺𝗲𝗿𝗴𝗼𝗻𝗼. Queste relazioni, essenziali allo sviluppo psicologico e fisico dell’individuo, sono state studiate da psicoanalisti e psicologi sperimentali nel corso degli anni 1950 e 60, dando origine alla teoria detta “dell’attaccamento”. Questa teoria afferma che esiste un bisogno ancora più originario della pulsione sessuale: la necessità, fisica e mentale, di un legame affettuoso e protettivo, tra neonato e chi si prende cura di lui. Questa necessità non è limitata alle prime fasi dello sviluppo: infatti il legame viene “interiorizzato” dall’adulto e conferisce per tutta la vita una sensazione di autonomia e di “solidità” esistenziale. L’ attaccamento fornisce la base “materiale” alla struttura di relazioni di cui ho parlato: è il corrispettivo biologico degli “archi” che connettono e creano i nodi del grafo.

𝗦𝘂 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝗶 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗼̀, 𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮, 𝗹’𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲? 𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱 𝗲 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝘀𝗰𝗶𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗶, 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗼𝗱𝗶𝗲𝗿𝗻𝗶, 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗱𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗲𝗹𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗻𝗮𝘁𝘂𝗿𝗮𝗹𝗲. La religione greca arcaica, quella ebraica e quella cristiana affermano che l’amore è (un) Dio e non ha quindi bisogno di fondarsi su altro da sé. La potenza di Dio, che crea, dà vita e tiene unito l’universo, coincide con quella dell’amore. L’amore è più forte persino della morte e del denaro perché “𝘭𝘦 𝘴𝘶𝘦 𝘷𝘢𝘮𝘱𝘦 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘷𝘢𝘮𝘱𝘦 𝘥𝘪 𝘧𝘶𝘰𝘤𝘰, 𝘶𝘯𝘢 𝘧𝘪𝘢𝘮𝘮𝘢 𝘥𝘪𝘷𝘪𝘯𝘢” (Cant 8,6). Ogni potere umano soccombe all’amore diventando altro da sé perché l'amore impone al potere di non essere più tale (“𝘤𝘩𝘪 𝘷𝘶𝘰𝘭 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘰 𝘵𝘳𝘢 𝘷𝘰𝘪 𝘴𝘢𝘳𝘢̀ 𝘪𝘭 𝘴𝘦𝘳𝘷𝘰 𝘥𝘪 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪” Mc 14,44). Questo fa sì che ogni potere umano, sino a che resta volontà di potenza, è costretto a combattere l'amore come il suo peggior nemico. Lo aveva capito Orwell che concluse 1984 nel modo più tragico e disperato: il tradimento tra due amanti.


𝗡𝗨𝗢𝗩𝗔 𝗡𝗢𝗥𝗠𝗔𝗟𝗜𝗧𝗔̀ 𝗟’ 𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶𝘁𝗲𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮 𝗶𝗹 𝗰𝘂𝗶 𝗱𝗶𝘀𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗵𝗼 𝗮𝗽𝗽𝗲𝗻𝗮 𝗮𝗯𝗯𝗼𝘇𝘇𝗮𝘁𝗼 - 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲 – 𝗲̀ 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝘀𝘁𝗮 𝘀𝗴𝗿𝗲𝘁𝗼𝗹𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗹𝗮 𝘀𝗽𝗶𝗻𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 “𝗻𝘂𝗼𝘃𝗮 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀”. Il passaggio da cittadino produttore a quello consumatore e infine a quello digitale sta comportando una drammatica rivoluzione antropologica.


𝗦𝗰𝗿𝗶𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗣𝗮𝘀𝗼𝗹𝗶𝗻𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗮 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗶𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝟭° 𝗻𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟭𝟵𝟳𝟱: “𝘓𝘢 𝘵𝘳𝘢𝘨𝘦𝘥𝘪𝘢 𝘦̀ 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘤𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘪 𝘶𝘮𝘢𝘯𝘪, 𝘤𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘴𝘵𝘳𝘢𝘯𝘦 𝘮𝘢𝘤𝘤𝘩𝘪𝘯𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘣𝘢𝘵𝘵𝘰𝘯𝘰 𝘭’𝘶𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘰 𝘭’𝘢𝘭𝘵𝘳𝘢 (…) 𝘝𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘥𝘪𝘳𝘦 𝘧𝘶𝘰𝘳𝘪 𝘥𝘢𝘪 𝘥𝘦𝘯𝘵𝘪: 𝘪𝘰 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘥𝘰 𝘢𝘭𝘭’𝘪𝘯𝘧𝘦𝘳𝘯𝘰 𝘦 𝘴𝘰 𝘤𝘰𝘴𝘦 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘥𝘪𝘴𝘵𝘶𝘳𝘣𝘢𝘯𝘰 𝘭𝘢 𝘱𝘢𝘤𝘦 𝘥𝘪 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘪. 𝘔𝘢 𝘴𝘵𝘢𝘵𝘦 𝘢𝘵𝘵𝘦𝘯𝘵𝘪. 𝘓’𝘪𝘯𝘧𝘦𝘳𝘯𝘰 𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘢𝘭𝘦𝘯𝘥𝘰 𝘥𝘢 𝘷𝘰𝘪”. Pasolini raffigurò questo inferno in “𝘚𝘢𝘭𝘰̀ 𝘰 𝘭𝘦 120 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘢𝘵𝘦 𝘥𝘪 𝘚𝘰𝘥𝘰𝘮𝘢”, che resta, a mio avviso, uno dei suoi film più belli. Un’opera straordinaria che rappresenta l’anarchia del potere per ciò che è nella sua essenza: tentativo estremo di estirpare l’amore. La rivoluzione antropologica che sta fondando la nuova normalità ha proprio questo obiettivo e si sta sviluppando attraverso tre, distinte ma interconnesse, linee.

𝗟𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗿𝗶𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮 𝗹𝗲 𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻𝗱𝗶𝘃𝗶𝗱𝘂𝗮𝗹𝗶, 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝗱𝗲𝘃𝗼𝗻𝗼 𝗶𝗻𝗱𝗲𝗯𝗼𝗹𝗶𝗿𝗲, 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗿𝗲𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝗿𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘀𝘂𝗺𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗼𝗯𝗮𝗹𝗲, ma che si devono anche moltiplicare per generare sempre nuove nicchie di mercato. Due capisaldi dell’identità personale sono genere e cultura. Oggi c’è un tentativo di convincere le persone che l’identità “binaria” sia una gabbia, che libertà e felicità risiedano nelle identità “arcobaleno”, nella poliedricità dei sogni, che potranno sempre essere trasformati in realtà dalla tecnologia. Per ottenere questo risultato si sono dovute contrabbandare situazioni di vero disagio mentale in semplice “diversità”, meritevole di protezione e legittimazione sociale. Nello stesso tempo è continuata la demolizione delle identità culturali. L’omologazione di cui parlava Pasolini aveva come obiettivo la cultura contadina e le culture locali. L’omologazione degli ultimi decenni si è spinta ben oltre: ha operato direttamente sul mondo della cultura. La formazione scolastica letteraria, artistica e umanistica, non strettamente tecnica, è stata ovunque marginalizzata o eliminata. La “𝘤𝘢𝘯𝘤𝘦𝘭 𝘤𝘶𝘭𝘵𝘶𝘳e” - e tutti i movimenti ad essa analoghi- stanno procedendo alla sistematica 𝘥𝘢𝘮𝘯𝘢𝘵𝘪𝘰 𝘮𝘦𝘮𝘰𝘳𝘪𝘢𝘦 della civiltà occidentale, in particolare, delle sue radici greco-cristiane.

𝗟𝗮 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗮 𝗿𝗶𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮 𝗶 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗶 𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗶𝘁𝗮̀. 𝗗𝗮 𝘂𝗻 𝗹𝗮𝘁𝗼, 𝗺𝗮𝗶 𝗻𝗲𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗶 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗹𝗶 𝘀𝗶 𝗲̀ 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝘀𝗶̀ 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼, 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗰𝗼𝘀𝗶̀ 𝘀𝗽𝘂𝗱𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼, 𝗱𝗶 𝘀𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗲 𝗹𝗼 𝘀𝗶 𝗲̀ 𝗿𝗲𝘀𝗼 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗼 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗶𝗻𝗼 𝗻𝗲𝗶 𝘀𝘂𝗼𝗶 𝗱𝗲𝘁𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗻𝘁𝗶𝗺𝗶; la pornografia è una delle merci più diffuse, a prezzo più basso, o addirittura regalata. D’altro lato la nostra è anche l’epoca del distanziamento sociale, del 𝘯𝘰𝘭𝘪 𝘮𝘦 𝘵𝘢𝘯𝘨𝘦𝘳𝘦, dei volti coperti dalle mascherine, del crescente neopuritanesimo di movimenti come “𝘔𝘦 𝘵𝘰𝘰” e contro la discriminazione di genere. In realtà, stiamo assistendo a una progressiva smaterializzazione dei corpi e della sessualità. È un processo che fa parte della smaterializzazione di tutti i rapporti sociali, lavorativi ed economici. È necessario – perché si realizzi il sogno dell’economia digitale – che il mondo “reale” sia completamente sostituito da un mondo virtuale: 𝘩𝘰𝘮𝘦 𝘸𝘰𝘳𝘬𝘪𝘯𝘨, transazioni immateriali, denaro elettronico, telemedicina, finanziarizzazione dei mercati e, infine, chat erotiche e pornografia online.

𝗟𝗮 𝘁𝗲𝗿𝘇𝗮, 𝗹𝗮 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗶𝗻𝗳𝗶𝗱𝗮 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝘀𝗮, 𝗿𝗶𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹’𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲 𝗲 𝗹𝗮 𝗯𝗲𝗹𝗹𝗲𝘇𝘇𝗮. In tanti hanno osservato che la pandemia non ha affatto migliorato le persone, come all’inizio si diceva, ma che invece sono aumentati odi, rancori, invidie, reciproche aggressività e che questa situazione si è in qualche modo prolungata con la guerra in Ucraina. Già l'omologazione delle identità e la smaterializzazione della sessualità sarebbero sufficienti a spiegare l’aumento complessivo di rabbia e aggressività tra le persone. La perdita di elementi identitari “stabili”, come genere e cultura, non rende affatto più liberi ma lascia in balia delle proprie fantasie, comprese quelle più distruttive e autodistruttive. La smaterializzazione dei corpi e della sessualità minaccia direttamente i meccanismi dell’attaccamento e della comunicazione fisica che costituiscono la base materiale dell’eros. C’è, però, un ulteriore meccanismo che da anni sta erodendo l’amore alle sue fondamenta: l’avanzare incontenibile della bruttezza in tutte le sue forme.

𝗜𝗻𝘁𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗶 𝗰𝗼𝗿𝗽𝗶 𝗱𝗲𝗳𝗼𝗿𝗺𝗶, 𝗴𝗼𝗻𝗳𝗶𝗮𝘁𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗽𝗼𝗹𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗲𝘃𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗲 𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝘁𝗮𝘁𝘂𝗮𝗴𝗴𝗶; la musica oscena cantata nelle chiese e la liturgia sempre più sciatta; le regie teatrali grottesche; le poltrone in similpelle e i mobili in stile; i maglioni di cashmere rigenerato; le architetture degli edifici pubblici e i banchi a rotelle; i jeans lacerati sulle ginocchia e gli sneakers; i pomodori privi di sapore e il sushi dei supermercati; la volgarità delle espressioni di uso comune e dei titoli della stampa; gli esperti di cucina e i turisti che affollano gli aeroporti.


𝗖𝗢𝗡𝗖𝗟𝗨𝗦𝗜𝗢𝗡𝗜 𝗩𝗼𝗿𝗿𝗲𝗶 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝘂𝗼𝗿𝗲 𝘁𝗲𝗿𝗺𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗮𝗿𝗼𝗹𝗮 𝗱𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗿𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗼, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘂𝘀𝗮𝘃𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮, 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗲𝗻𝗲𝘀𝗶. Non ho, però, esortazioni da fare, e le uniche parole di speranza che mi vengono alla mente sono quelle che Enea, lasciando Troia in fiamme, rivolse ai compagni: 𝘜𝘯𝘢 𝘴𝘢𝘭𝘶𝘴 𝘷𝘪𝘤𝘵𝘪𝘴, 𝘯𝘶𝘭𝘭𝘢𝘮 𝘴𝘱𝘦𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘴𝘢𝘭𝘶𝘵𝘦𝘮 (Una sola salvezza resta ai vinti, non sperare nella salvezza) (Eneide, II, 354). Non disprezzatele, però: se ci pensate bene, capirete che sono le più belle parole di speranza mai pronunciate.


𝘈 𝘚𝘢𝘯𝘥𝘳𝘰 𝘎𝘪𝘯𝘥𝘳𝘰, in memoriam

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