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Domenica 24 novembre, festività di Cristo Re, la liturgia romana propone come lettura del Vangelo domenicale il celebre passo di San Luca che descrive la breve conversazione di Gesù in croce con i due ladroni. Il brano è famoso, ma giova lo stesso ricordarlo: «39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». (Luca, 39-43). Per la Chiesa Cattolica, la proclamazione che una persona si trova con certezza in Paradiso corrisponde alla dichiarazione che quella persona è beata o santa. Il buon ladrone è dunque il primo santo, o beato, dichiarato tale, mentre era ancora in vita, da Gesù Cristo in persona; la Chiesa lo ricorda il 25 marzo, come protettore dei prigionieri e dei moribondi.
I Vangeli canonici non riportano i nomi dei due malfattori, che sono invece ricordati nel Vangelo apocrifo di Nicodemo: Disma, il buono, e Gesta il cattivo. Per il Vangelo arabo dell’infanzia i due ladroni si chiamavano invece Tito e Dimaco, Tito avrebbe già impedito alla sua banda di derubare la Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto.
La storia di Disma-Tito ci ricorda quale enigma sia il tempo, non solo in quanto dimensione fisica, ma anche come esperienza soggettiva. Tutti noi avvertiamo il suo scorrere inclemente di istante in istante, ciascuno di essi emotivamente e soggettivamente diverso dal precedente e dal successivo, eppure uguale nel suo essere un tempuscolo in sé privo di dimensione e, verrebbe da dire, di senso. La vita è la somma di questi infiniti istanti e anche la vita potrebbe essere quindi solo un lampo privo di senso: “Tutte le cose sono uscite dal nulla e portate nell'infinito. Chi saprà seguire questi incredibili passaggi?” (B.Pascal, Pensieri, H.9). Nonostante ciò, come dimostra il buon ladrone, ogni istante può paradossalmente decidere l’eternità ed è dunque infinitamente prezioso “No hay un instante que no pueda ser el cráter del Infierno/ No hay un instante que no pueda ser el agua del Paraíso/ No hay un instante que no esté cargado como un arma/ En cada instante puedes ser Caín o Siddharta, la máscara o el rostro / En cada instante puede revelarte su amor Helena de Troya / En cada instante el gallo puede haber cantado tres veces / En cada instante la clepsidra deja caer la última gota.” (J.L.Borges, Doomsday, in Los conjurados, Buenos Aires, 1985).
Non diversamente dalla storia del buon ladrone, si svolge un breve racconto contenuto nei fratelli Karamazov. Anche in questo caso l’istante decisivo è in punto di morte: «C'era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un'azione virtuosa. I diavoli l'afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale suo azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio: - Ha sradicato una cipolla nell'orto e l'ha data a una mendicante. E Dio gli rispose: - Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà, la donna rimanga dov'è ora. L'angelo corse della donna, le tese la cipolla: - Su, donna, le disse, attaccati e tieni. E si mise a tirarla cautamente, e l'aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori, cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch'essi tirati fuori. Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo: "E' me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra. Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò. E la donna cadde nel lago e brucia ancora. E l'angelo si mise a piangere e si allontanò.» (F.Dostoevskij, I fratelli Karamazov, VII, 3)
Lacan parla di questo istante che può decidere una vita, in suo celebre scritto sul tempo logico: è l’istante in cui una decisione deve essere per forza presa, quello in cui non c’è più letteralmente tempo, l’istante in cui la mente funziona attraverso una forma di identificazione con l’altro dettata dalla fretta che Lacan chiama “précipitation identificatoire”. Questa identificazione può essere riconoscimento, che ci salva, o travisamento, dettato dalle nostre paure e cupidigia, che ci danna.
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