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  • Immagine del redattoreEmilio Mordini

IL FRIULI SUL LETTINO DELLO PSICOANALISTA

Aggiornamento: 24 ago 2022


Il Pordenone - Affreschi nella chiesa dei Francescani, a Cortemaggiore

L’inconscio sociale è quella parte di vita mentale inconscia che non dipende da esperienze dimenticate (rimosse) della nostra infanzia, il cosiddetto “inconscio individuale”, ma che origina dalle memorie condivise di un gruppo unito da legami culturali e da vicende comuni. Queste memorie passano di generazione in generazione in vari modi, principalmente culturali e forse persino attraverso meccanismi biologici detti “epigenetici” (ci sono interessanti studi su come alcuni traumi “psicologici” si possano trasmettere attraverso generazioni di topi di laboratorio). Per lo psicoanalista è essenziale cogliere l’inconscio sociale dei propri pazienti perché, se così non fosse, correrebbe due gravi rischi. Il primo è quello di non comprendere, o fraintendere, alcune caratteristiche del paziente e quindi non essere in grado di curarlo correttamente. Il secondo rischio è quello di svilire la ricchezza della vita mentale della persona che si è rivolta a lui, riducendola alle piccole storie della sua costellazione familiare. Una buona psicoanalisi non dovrebbe mai solo guarire dai sintomi del disagio psichico ma dovrebbe sempre rendere una persona più ricca interiormente e in grado di apprezzare la vita in tutte le sue sfumature.


Quando pochi anni fa venni ad abitare in Friuli, non conoscevo ancora il suo popolo: avevo le immagini del montanaro ruvido della Carnia, delle donne anziane curve sotto il lavoro dei campi della bassa, della Trieste cosmopolita ed elegante e poco altro. Frequentando le persone nella vita di ogni giorno e iniziando a seguire i primi pazienti di queste parti, alcune caratteristiche dell’inconscio sociale friulano cominciarono ad essermi più chiare. Naturalmente questo è un discorso che richiederebbe molte pagine e non una breve nota, mi limiterò così a menzionare solo due aspetti che mi sembrano particolarmente interessanti.


C’è innanzitutto una caratteristica che nasce, credo, dall’essere sempre stato il Friuli terra di confini e i confini sono, per loro natura, ambigui: dividono e uniscono. Da un lato i confini sono ciò che separa i popoli, dall’altro sono ciò che li mette in contatto. In quasi tutti i friulani io ho ritrovato questa duplicità: ospitali ma con un fondo di diffidenza, bruschi e di poche parole ma con una tenerezza di fondo di cui si vergognano, sospettosi delle novità però sempre pronti a adottarle se ne intravedono il vantaggio. Insomma, è difficile che un friulano non sia una persona “di confine”, al limite tra diversi atteggiamenti e predisposizioni mentali (e questa particolarità, credo, contribuisce a generare una certa fragilità emotiva di molte persone di queste parti).


La seconda caratteristica che ho trovato in quasi in tutti i friulani è un senso profondo delle generazioni che li hanno preceduti: è straordinario come tutti, dico veramente tutti, i miei pazienti conservino vive memorie (a volte solo un nome o una caratteristica fisica) di nonni, bisnonni, trisnonni e avi. Non si tratta soltanto di una tradizione ereditata dal mondo contadino e destinata presto a scomparire ma di qualcosa di più profondo. C’è quasi la sensazione che le persone di questi luoghi “percepiscano” di essere frutto di una storia che li trascende, che va oltre le loro limitate esistenze. Ci potrebbero essere molte spiegazioni per questa percezione: da un lato dipende certamente dalla profonda religiosità (almeno sino qualche anno fa) del popolo friulano, da un altro nasce forse anche dalla persistenza di storie e tradizioni “magiche”, soprattutto tra le donne (il Friuli - come l’altra enclave longobarda, il beneventano - è terra di streghe).


Tuttavia, ho l’impressione che queste spiegazioni antropologiche siano insufficienti: ci sono aspetti che credo riguardino i luoghi e la loro topografia culturale, il modo in cui in Friuli, più che in altre regioni, le memorie si incarnano e trasmettono attraverso i posti, quello che gli antichi chiamavano genius loci. Ecco perché la geografia umana e culturale friulana è un aspetto importantissimo di questa regione, che apre le porte non solo alla conoscenza del suo ricco patrimonio ma anche dello spirito nascosto di un popolo.


Attraverso la bellezza dei palazzi affrescati, delle piccole chiese di paese, dei castelli, dei mulini, degli eremi di montagna, delle risorgenti e delle pietre di fiume levigate, è possibile comprendere anche la bellezza delle persone, quella bellezza che, come si diceva all’inizio, una buona psicoanalisi dovrebbe essere sempre in grado di riportare alla luce.


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